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Come curare la scoliosi

Il termine “scoliosi” deriva dal greco e indica una deviazione laterale e una deformazione permanente della colonna vertebrale, non modificabile volontariamente, che si accompagna ad alterazioni anatomiche delle vertebre e delle altre strutture di sostegno del tronco.

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La colonna vertebrale può essere paragonata ad una pila snodabile e flessibile di segmenti articolati (le vertebre). Normalmente la colonna rimane diritta poiché i segmenti sovrapposti hanno una forma perfettamente regolare e simmetrica, le capsule articolari ed i legamenti li mantengono in posizione esatta, i muscoli rappresentano una forza di sostegno ben equilibrata.
In presenza di una scoliosi, la colonna, osservata anteriormente e posteriormente, anziché essere diritta, è incurvata e ruotata su sé stessa.

La scoliosi, in termini tecnici, è un “dismorfismo”, e va distinta dal semplice atteggiamento scoliotico, che rientra nel gruppo dei “paramorfismi”. In presenza di un dismorfismo la colonna vertebrale è, da un punto di vista anatomico, deformata, in presenza di un paramorfismo la colonna vertebrale è del tutto normale. L’atteggiamento scoliotico comporta sempre una deviazione laterale della colonna, con conseguente perdita della verticalità della stessa, ma non si accompagna mai a deformazione dei corpi vertebrali ed è correggibile volontariamente anche con semplici interventi esterni. La deviazione è visibile solo in alcune posizioni, in piedi generalmente, In posizione distesa, le vertebre si riallineano e la deviazione scompare completamente o quasi completamente.
L’atteggiamento scoliotico è generalmente determinato da condizioni statiche, ad esempio in presenza di ipometria di un arto (arto più corto del controlaterale), oppure da lussazione dell’anca, oppure ancora da dolore vertebrale o muscolare, o, piuttosto frequentemente, da alterazioni posturali o ipovalidità della muscolatura del tronco.
La terapia si basa sull’eliminazione della causa che ha prodotto la condizione (ad esempio compensando l’accorciamento dell’arto inferiore, eliminando il dolore vertebrale o rinforzando la muscolatura del tronco).
A differenza di un atteggiamento scoliotico, una scoliosi strutturata è una deformazione permanente, fissa, non suscettibile di miglioramento senza intervento esterno, che si accompagna sempre ad alterazioni anatomiche della colonna vertebrale. Una scoliosi strutturata coinvolge, oltre alla spina dorsale, le articolazioni, i legamenti, la muscolatura paravertebrale, e, nei casi più gravi, anche gli organi interni e le visceri.

Si stima che, approssimativamente, il 65% dei casi di scoliosi sia idiopatica, circa il 15% siano congenite e circa il 10% siano secondarie a una patologia neuromuscolare (dopo poliomielite, distrofie muscolari, ecc.).

La scoliosi idiopatica è una condizione che perdura per l’intera vita, ma non influenza negativamente la speranza di vita degli individui affetti.

Attualmente la scoliosi idiopatica dell’adolescente è generalmente considerata come originata da cause multifattoriali, anche se si ritiene che vi giochino un ruolo fondamentale i fattori genetici.

Forme congenite della scoliosi possono essere fatte risalire a malformazioni della spina tra la terza e la sesta settimana in utero. È il risultato sia di una incompleta formazione, sia di una mancanza di segmentazione, sia di una combinazione di entrambi.

Scoliosi secondarie a patologie neuromuscolari possono svilupparsi durante l’adolescenza.

I pazienti che hanno raggiunto la maturità scheletrica hanno meno probabilità di andare incontro ad un peggioramento. Alcuni gravi casi di scoliosi possono portare ad una diminuzione della capacità polmonare, ad esercitare una pressione su lcuore e a limitare le attività fisiche. Tuttavia i pazienti non vanno spaventati con queste prospettive, perché una buona ginnastica ed un buon corsetto in plastica sono di giovamento.

I pazienti che presentano scoliosi vengono inizialmente esaminati per determinare se la deformità è una causa sottostante.

Durante l’esame, al paziente viene chiesto di mettersi a petto nudo e di piegarsi in avanti. Questo è noto come test Adams con il piegamento in avanti e viene spesso effettuato sugli studenti. Se si nota un rilievo, si ha la possibilità che sia presente una scoliosi e quindi il paziente viene inviato a compiere un esame radiologico per confermare la diagnosi.

Quando si sospetta scoliosi, vengono effettuate delle radiografie, in carico, complete della colonna, sia in antero-posteriore che in laterale. I raggi X sono solitamente utilizzati per valutare le curve di scoliosi, la cifosi e la lordosi, in quanto questi ultimi possono essere presenti frequentemente nei soggetti con scoliosi. La radiografia, su tutta la lunghezza della colonna vertebrale in piedi, è il metodo standard per la valutazione della gravità e della progressione della scoliosi, e permette, inoltre, di valutare se è congenita o idiopatica. Nei soggetti in crescita, si possono eseguire una serie di radiografie in intervalli che vanno dai tre ai 12 mesi, per seguire la progressione della curva.

La ricerca scientifica ha dimostrato che in una malattia muscolo-scheletrica come la scoliosi tutti i trattamenti (dai corsetti alla chirurgia) causano una disabilità psicologica, fisica e funzionale (transitoria nel caso del corsetto e permanente nel caso della chirurgia). Un buon approccio conservativo basato sull’uso di esercizi specifici cerca quindi di compensare o, se possibile, prevenire un simile danno secondario e mira a prevenire la progressione della scoliosi e il conseguente uso del corsetto.

Se il disallineamento della colonna è molto lieve, l’inizio del trattamento può prevedere la sola osservazione, oppure, in casi che necessitano un trattamento correttivo, la scelta degli esercizi, che, se non sufficienti, verranno affiancati all’uso del corsetto (di diversa tipologia e con diverso dosaggio, a seconda della gravità della situazione), con l’obiettivo finale di evitare l’intervento chirurgico.

Quando, nelle forme un po’ più gravi, verrà applicato al paziente il corsetto o il busto in gesso, un esercizio al fine di mobilizzare la curva, sarà lo sgusciamento, e possibili esercizi isotonici e isometrici, da svolgere durante tutta la giornata. Importante è l’incremento della capacità respiratoria, con esercizi di ginnastica, al fine di rieducare la respirazione del paziente nell’apparecchio gessato.

La chirurgia viene indicata nei casi in cui gli altri rimedi non abbiano portato a miglioramenti e soltanto quando la curva scoliotica raggiunga i 45-50°. Ad alcuni adolescenti viene proposto l’intervento dopo aver indossato corsetti in gesso ed in plastica per più di sei anni.

L’intervento viene effettuato prima dei diciotto anni d’età e consiste in un innesto nella zona bersaglio di tessuto osseo, autoplastico endogeno o esogeno (banca dell’osso), per correggere il tratto anormale e portare alla maturazione della artrodesi.